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I VOLTI DEI MIGRANTI DI PIAZZA S. NICOLO' VERONA

Foto di Alba Rigo
“Per giorni e notti giovani stranieri hanno occupato piazza San Nicolò nel cuore della città. Sono stati giorni non facili. Era il tempo di Pentecoste. Mentre nella città spesso prevale la lingua di Babele, in questa piazza si è parlato una lingua diversa. Non quella del sacro. Ma la lingua dell’uomo. L’unica che Dio parla correttamente.”


Don Marco Campedelli






























A volte bastano quattro matite colorate e un po’ di creta per tessere racconti, intonare un canto, incontrarci negli sguardi.
In piazza San Nicolò, con pochi amici e amiche, abbiamo vissuto un evento che per  qualche giorno ha trasformato il sagrato della chiesa in una festa.
Visitando i nostri volti ci siamo presi cura uno dell’altro, abbiamo compreso il valore della circolarità della vita che ha la forza di liberarci dalle nostre paure e dai nostri pregiudizi. Abbiamo per qualche giorno vissuto insieme.
Intrecci di storie, sguardi intenti a cercar volti nell’argilla, racconti che si coloravano tra tempere e pastelli, cibi preparati con cura  che profumavano di libertà.




Insieme perché abbiamo visto che quando si dice”noi e loro”  è deleterio e toglie la vita a tutti, insieme perché abbiamo visto che “noi e gli stranieri”  fa grossi danni e causa enormi sofferenze, insieme perché solo così i volti modellati e le impronte lasciate sui teli si colorano e si mescolano in mille abbracci.

E tutto questo in piazza S. Nicolò dove da giorni questi giovani migranti chiedono un permesso di soggiorno per poter continuare a esistere, per riprendere un lavoro dignitoso, per non sentirsi esclusi. Abbiamo riscoperto che la piazza, l’agorà, deve essere il luogo dell’incontro, del dialogo, della memoria, dello scambio vitale, del confronto politico e dialettico, della partecipazione e insieme anche della rabbia popolare. Oggi,  purtroppo, nella cultura moderna, la piazza non c’è, è stata volutamente sottovalutata dalla politica. Il nostro individualismo, l’incapacità di relazioni vere ci fa sentire la piazza come estranea, uno spazio urbano anonimo, senza volto e privo di memoria popolare.






Questi giovani con la loro dignità ci hanno rilanciato la speranza che nelle piazze è possibile l’integrazione dei popoli, il dialogo, l’incontro, ci hanno invitato a ritrovare la memoria dei nostri padri, ci hanno ricordato che siamo un’unica umanità a volte fragile, bisognosa dello sguardo dell’altro per poter vivere.


Marco Danielon


(Le foto di questo post sono di Metis Africa)


Volto, Forma, Racconto

Arte sacra